Il suo nome è
anche la sua carta d’identità. Welsh: gallese, originario del Galles, laddove
cor-gi (o meglio kur -gi) nell’antica lingua locale significano proprio
rispettivamente “nano” e “cane”. Le sue radici si affondano nella notte
dei tempi, sempre a metà tra storia e leggenda, perché sempre in terra inglese
si sono narrate storie vere e racconti legati a questo particolarissimo cane a
gamba corta.
La storia ne
rinviene i primi reperti in alcune tombe di popolazioni nomadi che si erano
stabilite nel sud dell’Inghilterra più di duemila anni fa. Assieme ai resti di
vestiti sgargianti e monili con i quali si ornavano quei nomadi divenuti
stanziali e a fianco delle loro stesse ossa si sono infatti trovati anche i
resti di piccoli cani con le gambe corte e le ossa grosse.
Certamente
l’aspetto dell’antico progenitore non era quello del Corgi odierno e
probabilmente neppure la sua funzione primaria, quella cioè di cane da
pastore.
In epoche più
recenti hanno sicuramente contribuito a fissare il Corgi odierno il Lancashire
Heeler, razza inglese quasi sconosciuta in Italia ma anticamente molto diffusa in
Inghilterra e il Vasgostaspetz, un “cugino” scandinavo che spesso accompagnava
i navigatori del nord Europa con i quali le popolazioni britanniche hanno avuto
contatti sin dalle epoche più remote.
Comunque si
sia andato formando, questo cane di solida struttura e basso sugli arti per
molti anni è stato il “tuttofare” nelle piccole fattorie gallesi, dove durante
il giorno essenzialmente guidava e sorvegliava al pascolo le poche vacche che i
contadini possedevano, onere che spesso condivideva con i giovani figli dei
contadini che in pratica seguiva ovunque.
La sera poi
rientrava in casa dove, acciambellato a terra vicino al fuoco si godeva il
meritato riposo senza però dimenticare di fare la guardia e segnalare presenze
non desiderate.
Riconosciuto
ufficialmente dalla cinofilia negli anni 30 del secolo scorso è stato quindi
diviso in due razze distinte, il Cardigan e il Pembroke, dal nome delle due
contee inglesi dove si erano andati formando. Da allora non sono più ammessi
accoppiamenti tra le due razze, che hanno ovviamente marcato sempre più, col
passare degli anni, le rispettive differenze morfologiche.
Entrambe le
razze però mantengono ancora ben vive quelle doti di rusticità, solidità,
duttilità, addestrabilità unite a una incredibile dolcezza d’animo che hanno
reso il Corgi il beniamino di tante famiglie di un tempo e di oggi.
Fu forse
questo il motivo (unitamente ai consigli di Thelma Gray, la più grande cinofila
inglese di tutti i tempi) a spingere, ormai quasi un secolo fa, un padre
di nome Edoardo a regalare a sua figlia Elisabetta una coppia di Corgi
Pembroke. Da allora i Corgi non hanno più abbandonato quella bimba, e quando la
giovane Elisabetta venne incoronata Regina d’Inghilterra, i suoi piccoli amici
a quattro zampe si sono seduti sul trono accanto a lei. E lì sono rimasti fino
ad oggi.
Oggi il Corgi
è principalmente un cane da compagnia che ben si adatta a qualsiasi tipo di
vita e veramente di poche esigenze.
Della sua
vecchia attitudine di pastore ha conservato l’amore per le scampagnate, la
voglia e la facilità a imparare le cose e un fisico solido che gli consente di
scendere in campo con successo in diverse discipline sportive. Il nostro amico
infatti si cimenta ancora oggi con successo non solo nelle gare di
condotta del bestiame (come è naturale che sia), ma anche in agility e
obedience, due discipline dove riesce a evidenziare la propria velocità e
precisione sul lavoro…. o gioco che sia!
La sua amorevolezza e socievolezza, che non sono mai espresse con troppa esuberanza, ne consentono l’uso con successo nella pet therapy, in particolare con bambini, con i quali ha un feeling assolutamente unico.
Gianandrea Fasan
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