venerdì 11 marzo 2016

"LA SETTIMANA INCORG" - Glaciale cronaca di una settimana di passione.

Questa rubrica dovrebbe raccontare momenti ameni e goliardici della vita di un cane compatto goffo, bizzarro, testardo e guerrafondaio, ma fedele, affettuoso, capace di andare in brodo di giuggiole per una carezza, un biscottino, una tenerezza, un sonnellino accanto al padrone che con una mano scrive e con l’altra gli gratta la schiena. Piccoli gesti che per gli umani sono il minimo sindacale di un rapporto, ma che per me e per i colleghi pelosi sono quintessenza della felicità. 
Purtroppo, la vita non è solo rose e biscotti. Può capitare di vivere periodi di grave turbamento. La mia settimana, ad esempio, è stata tempestata di traversie, ire, smacchi, tiri mancini che mi hanno fatto passare la voglia di narrare storie lunghe, edificanti, ricche di figure retoriche e parole ricercate sul vocabolario. Mi limiterò, quindi, a una fredda cronaca degli eventi. Wof  

DOMENICA – IL PRANZO DEL BUROCRATE: in Molise, il pranzo delle domeniche d’inverno segue il medesimo e pantagruelico canovaccio da millenni. E’ talmente pesante e tradizionale, figlio com'è di una cultura contadina ancora imperante, specie nei piccoli borghi, da far rabbrividire i vegani, che si vedono costretti a chiamare Don Diego della Vegan, in arte Zorron, per ristabilire l'ordinen. Consta di: un primo di cavatelli o pasta al forno, con condimento di ragù di salsicce; mix di carni estratte dal sugo, per secondo; contorno di patate e peperoni; assaggio di pizza coi cicoli; frutta te la mangi tu; zeppole fritte, come dolce. Queste ultime sono un must della festività di San Giuseppe (19 marzo), ma le mettono in vendita quando ancora è aperto
l’outlet del pandoro e del panettone. Mi sono azzardato a domandare un assaggino. Non so precisamente cosa ho ottenuto, di nascosto dal padrone. So solo che ho dormito il sonno della beatitudine per due ore e, nel mentre, mi sono leccato pure i baffi. Alle ore 15:30, ho riaperto gli occhi. Al di là delle finestre, il sole aveva una tonalità di giallo molto opaco, oppresso com’era dall’avanzata inesorabile di un fronte compatto di cumulonembi. Ho avanzato istanza di uscita. Ho woooooooooooooooffato una, due, tre volte. Invano. Ho piagnucolato. L’unico riscontro che ho avuto è stato “Aspetta”. Ho reclamato. Inutilmente. “Aspetta”. C’era la partita della Juventus. Passavo in secondo piano. Povero me. Solo alle 16:45, triplice fischio, sono stato accontentato. Fuori, purtroppo, si era scatenato un fortunale. A me non dispiaceva. Al padrone sì, invece. Come un burocrate delle passeggiate, ho fatto i bisogni, odorato per sommi capi e sono rincasato. La sera ho dormito di un sonno leggero. Mi devo stancare, per ronfare e russare come un trapano. 
LUNEDI’ – MANNAGGIA IL DIAVOLETTO CHE CI HA FATTO LITIGARE erano le 19. Avevo una notevole stanchezza addosso, dopo ore di giochi di palla, perlustrazioni del territorio, bagnetti in una pozzanghera. Non mi importava. Ero troppo carico. Volevo continuare a fare bisbocce. Mentre minacciavo un riccio di peluche, ho udito un clacson familiare. Erano signori i genitori, di ritorno dal natio borgo. Ho cominciato a wooooooooffare e a correre attorno al tavolo. Fino a che il padrone non ha aperto l’uscio. Mi sono messo in piedi all’imbocco delle scale. Anche se mi piacerebbe tanto andare incontro a chiunque giunga, so che lì devo arrestarmi: dopo due rampe, c’è l’uscita, che dà su un amplio cortile, aperto al passaggio delle autovetture. Io ogni tanto ci provo, eh, lo ammetto, a scendere. Un “NO” secco e deciso mi blocca. Intendiamoci, non obbedisco perché sono alla mercé del padrone. Che credibilità può avere uno che in due anni è riuscito a insegnarmi solo “seduto”, “fermo”, “vieni”? Lo faccio per quieto vivere. Ma lunedì l’anarchia ha vinto sulle regole. Insubordinazione. Sono sceso a perdizampa e ha inseguito la macchina di Signor il papà fino al parcheggio. Il padrone mi è venuto dietro urlando frasi senza senso compiuto e brandendo minacce ferali. Con lui, anche due portacanessi di passaggio. Una sceneggiata che nemmeno Mario Merola e la Tamurriata nera messe insieme.
L'inseguimento è terminato mentre i nonni facevano feste al loro nipotino peloso e io gli occhi a cuoricino davanti alla spesa di formaggi che avevano fatto. Mi sono beccato il seguente presentatarm: “hops ijayo wakati unaweza smash uso wako na kuona kama unaweza kwenda kutembea tena. scoundrel, strunz, bastard, farabutt”. E se non conoscete lo swahili non è un problema mio. Studiate, gentili lettori. Sono scappato nella cuccia di emergenza, gli occhioni sgranati dal dispiacere. Solo dopo cena, il padrone ha provato la via della pace, offrendo biscottini e stimolando al gioco. Io ho risposto picche, anche quando sono stato preso in braccio e sottoposto all’obbligo delle carezze. Napoleone poteva dire “io la pace non la chiedo. La impongo”. Non quel gaglioffo.
MARTEDI’ – PENSAVO FOSSE AMORE INVECE ERA MEDIASET PREMIUM: 8 marzo, festa della donna. Sono uscito quasi all’alba, alle 8:30, a comprare le mimose. L’onore di consegnarle è toccato a me. All’uopo, poco prima che rientrassi, Signor il papà ha
infilato il gambo del fiore all’interno del collare. Grande è stata la sorpresa della sua dolce metà alla vista di un peloso paggetto, un peloggetto. A titolo di ringraziamento, signora la mamma mi ha offerto il più gustoso dei biscottini. Il padrone, invece, si è solo preoccupato di immortalarmi. Dannata civiltà della condivisione e dei social network. A sera, avevo intenzione di celebrare degnamente Lucy, la mia fidanzata senza portafogli. Uscito, mi sono subito diretto sotto al suo portone. Non c’era. Ho sbirciato tra le persiane di casa sua. Una Tv era accesa. Degli uomini in mutandoni bianchi e blusa giallorossa stavano arando un prato verde. Ho capito che non avrei mai incontrato l’eterea bellezza: giocava la Roma, squadra di cui il di lei padrone è tifosissimo. Prima di andare via, non ho pensato di dedicare alla desaparecida senza colpa una canzone dei Beatles. Sono stato scortese. Lo ammetto. Avrebbe fatto così: “Luccccy SU SKY with diamonds”. Ah no, la Champions League la fa Mediaset Premium. 
MERCOLEDI’: TAFFERUGLI!!!!! Dall’autunno, è venuto ad abitare, proprio sopra di me, un briccone, un mascalzone, un lestofante e chi più aggettivi ne ha più ne metta. Risponde al nome di Dibby. E’ un Border Collie di circa un anno ed è un villano come pochi. Credetemi, il ticchettio frenetico dei suoi passi che, dall’alto, scende fino a casa, mi mette più angoscia delle vecchiette del Sud che cantano “O fieriiiii flagelli” durante la processione del Venerdì Santo. Si tagliasse le unghie, per Zanna bianca. Questo sedicente pastore piace anche ai miei famigliari. Non capisco perché. Ogniqualvolta lo incontrano, lo riempiono di carezze. Lui si mette a pancia all’aria per riceverle, io mi urto. Prima abbaio, poi addirittura salto addosso ai festanti e intimo loro di smetterla di dare attenzioni a quel baffone di corte. Fino a mercoledì, però, la tensione non era mai sfociata in situazioni veramente perniciose. Vigeva una sorta di tregua
armata, una neutralità sotto la cui cenere covava il fuoco dell’odio, una poderosa miccia che anche un fiammifero sarebbe stato in grado di accendere. E, infatti, in un pomeriggio che si stava trascinando nell’anonimato, è successo l’irreparabile. La porta d’ingresso di casa era rimasta aperta. Il provocatore, trovatosi a passare, se n’è accorto. E che ha fatto? Come si evince dalla foto che prego Tiziana di allegare, è entrato, ha invaso il mio territorio, mi è pure saltato addosso per fingere amicizia. Non ci ho visto più. L’ho sistemato a dovere, con un bel morso sul naso. Un colpo secco, chirurgico, che lo ha fatto piagnucolare. Se non fossero intervenuti i padroni, gli avrei fatto una allisciata di pelo che nemmeno la più abile delle tolettatrici sarebbe stata in grado di fare. Risolta la pratica condominiale, ora devo cantargliene quattro anche al pastore della Brie che vive difronte. Già l’ho minacciato una volta. Da allora, il padrone cambia strada quando lo vede. Chissà perché. Pesa solo 52 kg al garrese ed è alto 60 cm al peso.  

GIOVEDI’- E’ SEMPRE CARNEVALE: la fama porta pubblicità. Sono stato scelto, mio malgrado, come testimonial di una bottega della città che fa cappelli per cani. Ah roba da matti. Che vergogna. Un fiero e austero pastore trattato alla stregua di un chiwawa tutto lustrini, cappottini e pailettes. Poco fa, sono andato a prendere le misure del primo copricapo. Bravi sarti, dietro fornitura di biscotti, hanno registrato il perimetro del volto, il diametro del cranio, la base delle orecchie. Se avessero pure calcolato l’altezza di quest’ultime, base per altezza, prodotto diviso due e sarebbe
uscita l’area delle orecchie. Ma siccome sono a dir poco geloso dei miei padiglioni auricolari, quando il misuratore li ha sfiorati, ho urlato come Maria Callas nella Lucia di Lammenor e l’unico dato disponibile lo hanno registrato i sismografi. Si andrà, dunque, a occhio. Ho anche misurato  un cappello già confezionato. Era a fasce di colori bianco e nero. Parevo una novantenne di paese. Oh che vergogna. Se quella era una prova, figuriamoci il prodotto definitivo. Ma oggi non mi turba più di tanto la questione. Il dramma in pectore è un altro. Ho, infatti, intercettato una telefonata del padrone che mi riguardava. Ha prenotato la tolettatrice per sabato mattina. Ha paura che la settimana finirà come già era cominciata. E il raccontar non m’è dolce in questo mare.

Carmine Tedeschi

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